Proposta per l'adozione a livello europeo di norme a favore delle società benefit e delle imprese che perseguano efficacemente finalità di beneficio sociale e ambientale.

L'Italia, primo paese europeo, ha adottato già dal 2016 un nuovo modello economico d'impresa, definito "società benefit", che identifica le società che associano allo scopo di lucro finalità di beneficio sociale ed ambientale.

Negli ultimi anni il dibattito sulla "responsabilità sociale d'impresa" è estremamente vivace e le società di maggiori dimensioni che la normativa definisce "di pubblico interesse" sono soggette a obblighi di comunicazione in merito agli aspetti non finanziari della gestione vieppiù ampi.

La domanda di fondo è quanto mai semplice: è accettabile che un’impresa assorba dal contesto socio-economico e ambientale nel quale opera maggiori risorse di quante non ne crei o ne restituisca?

La risposta è ovviamente negativa, ma quel che è difficile è  identificare le modalità secondo cui debba misurarsi questo trade-off.

Per molte aziende la scelta di attestare il proprio impegno in ambito sociale ed ambientale va oltre gli obblighi di legge, e si vanno via via diffondendo standard sempre più strutturati per la valutazione dell'impatto che l'attività di impresa produce sul contesto sociale ed ambientale nel quale opera. L'esempio delle B-Corp è senz'altro uno dei più significativi, sia per numerosità sia per calibro di alcune delle imprese aderenti.

Il mio desiderio è di stimolare qui il dibattito intorno alla questione e di diffondere la conoscenza delle norme già in vigore e degli standard più diffusi, con l'obiettivo di addivenire a una proposta di iniziativa popolare per l'adozione a livello europeo di norme a favore delle società benefit e delle imprese che perseguano efficacemente finalità di beneficio sociale e ambientale.

E logico e conseguente, infatti, ipotizzare che le imprese che dimostrino di operare virtuosamente vedano adeguatamente riconosciuto il proprio contributo.

Aggiungo infine, come punto di attenzione, un elemento che a mio giudizio dovrebbe essere tenuto in considerazione nella proposta normativa, ovvero quello della capacità dell'impresa non solo di produrre risorse in misura superiore a quelle assorbite dal contesto economico-sociale e ambientale, ma anche di distribuire dette risorse a un numero quanto maggiore possibile di individui. La sempre maggiore concentrazione della ricchezza nelle mani di un numero ristretto di individui è infatti una tendenza sempre più evidente del nostro sistema economico, che merita di essere contrastata con adeguati strumenti. 

In allegato troverete una rassegna di documenti e norme pertinenti.

Tema molto interessante. Mi chiedevo se ci siano dati sull'impatto che la norma italiana ha avuto, ovvero se e quali nuove SB siano state create dall'introduzione della legge e con quale impatto sul proprio business e sul "bene comune" in generale.

Il dubbio è che, aldilà del titolo reputazionale, la norma non dia alcun reale incentivo né vantaggio alle aziende che avessero già o volessero acquisire una finalità benefit, a fronte invece degli oneri dovuti alla rendicontazione e valutazione del beneficio apportato.

Mi chiedo inoltre quale valore normativo ulteriore possa apportare la UE - non avendo la UE comptenza in materia fiscale.

Per inciso, il promotore della legge, Mauro Del Barba, è un mio vecchio amico. Avevo a suo tempo seguito l'iniziativa con interesse ma anche scetticismo. Sarei felice di essere smentita.

 

Comprendo lo scetticismo, soprattutto in mancanza di norme che diano incentivo alle SB. E' giusto questo il gap da colmare. Vero è che la comunità europea non ha competenza in materia fiscale, ma in questo momento una normativa sulle società benefit è presente solo in Italia, pertanto un primo passo è la promozione di analogo modello di business in tutti i paesi. Le direttive UE in materia di CSR, peraltro, già esistono, e se non toccano la materia fiscale, possono però creare i presupposti perché i singoli stati membri provvedano in tal senso.

Ciò premesso, ad oggi il fenomeno SB, sebbene non abbia trovato grande riscontro a livello mediatico, è tutt'altro che marginale. Un esempio su tutti: Chiesi Farmaceutici, una delle principali aziende farma italiane, è SB da qualche anno e ha recentemente ottenuto la certificazione B-Corp. Come Chiesi, sono SB anche Aboca, Alessi, Damiano, F.lli Carli, Mustela, Slow Food e altre 400 imprese circa, di diverse dimensioni.

E' una strada lunga, ma qualcosa si può fare. A questo proposito, un contributo di Mauro Del Barba, se disponibile, sarebbe oltremodo utile e gradito. Vista la vostra amicizia…

Per altre info sulle SB: http://www.societabenefit.net/

   

Ciao Gaetano, con qualche mese di ritardo, riprendo il tuo post sulle Benefit Company. Ho studiato i documenti che hai mandato, più qualcosa che ho trovato da solo, per capire meglio il sistema di funzionamento e lo stato di avanzamento.

Correggimi se sbaglio, una società diventa B-Corp VOLONTARIAMENTE, e lo fa principalmente grazie al portale su cui è possibile ottenere una certificazione. Ad oggi, non sono previsti vantaggi di tipo economico per le società che ottengono questa certificazione, né schemi come sgravi fiscali o altro. 

Per portare questa certificazione all'interno del nostro sistema finanziario, potremmo immaginare due strategie, anche integrabili volendo:

  • Definire l'obbligo di certificazione come "benefit company" per società che operano in settori ad elevato impatto ambientale, e che superano un certo fatturato (esempio eccitante: acciaierie, petrolchimico, etc..), entro il 2025
  • Introdurre il concetto di Tax on company benefits = less tax for benefit companies. Ovvero: una volta validato il sistema di certificazione, dal momento in cui una società si certifica come benefit, ottiene un premio, ovvero un benefit (che può essere uno sgravio fiscale sul contratto dei dipendenti..). 

mi piacerebbe parlarne in una riunione, che potremmo fare a Firenze già a Gennaio!

Ciao

Andrea