Smart working e basta?

È possibile parlare “solo” di smart working, senza toccare altre tematiche come welfare e politiche del lavoro? Che proposte possiamo mettere in campo per chi non può proprio lavorare in modalità smart (come medici, infermieri, camerieri e tantissimi altri)?

Smart working significa intelligente. Una modalità intelligente di lavorare. In questo essere intelligente, io non ci metto solo la questione "lavorare per obiettivi" invece che per presenza in ufficio. Per questo trovo che l'espressione "Lavoro agile" sia  inadeguata e allontani dall'obiettivo. Per venire ai tuoi interrogativi, credo che noi si debba fare esattamente questo sforzo di ragionare in senso ampio di Smart Working, e quindi arrivare a proposte che possano beneficiare e comprendere tutte le categorie di lavoratori dipendenti.

Oltretutto, come vediamo nella pratica, la legge sul Lavoro agile ha prodotto una totale distorsione del concetto di lavoro intelligente. Il lavoro agile continua ad essere un lavoro deficiente, o intelligente solo per i datori di lavorio che risparmiano gli straordinari! 

Allora se pensiamo che un campagna per rendere il lavoro migliore si debba chiamare Smart Working è un'idea carina, dopodiché smartwoking significa una cosa ben definita oggi, ovviamente con grandi margini di miglioramento.

Tuttavia se l'idea è quella di lottare per uno Smart Working ovvero avere condizioni di lavoro migliori, senza dubbio il tema del lavoro agile o intelligente è troppo riduttivo e circoscritto.

Esiste un immenso tema di basse retribuzioni, di scarsa capacità di avere in italia un sistema ramificato ed efficacie di formazione, poi possiamo provare a declinare nel mondo del lavoro il tema democrazia/diritto alla conoscenza ovvero l'inattuazione dell'art.46 della Costituzione. 

Kuliscioff, tu traduci l’espressione “Smart Working” alla lettera, ma nella pratica (in tutto il mondo) lo smart working è una modalità ben precisa di lavoro, senza orari, senza luogo e per obiettivi. 

Ho aperto questa discussione proprio perché vorrei fosse chiaro che noi per smart working intendiamo ben altro ed anticipo che questo sarà il tema del mio prossimo intervento pubblico.

Gionny, tu introduci tematiche rivoluzionarie. Mi piace molto la tua idea di declinare nel mondo del lavoro il tema democrazia/diritto alla conoscenza che, se ho capito bene, ritieni strettamente connesso all’art. 46 Cost. Hai già una proposta più definita? Sarebbe un gran bel rilancio delle relazioni industriali!!! 

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In risposta a di Barbara Peres

Barbara, da mero "osservatore" di Eumans penso che se l'obiettivo è quello di mettere in piedi iniziative legate più generalmente al welfare ed al benessere dei lavoratori, magari in funzione del "lavoro 4.0", allora è importante smettere di citare impropriamente lo "smart working" perché, come ben sai, questo viene inteso da tutti gli addetti ai lavori come il lavoro agile normato dalla 81/2017 e conosci anche quanti sforzi si stanno facendo per cercare di diffonderlo nelle aziende sia pubbliche che private. Si corre insomma il rischio di aumentare la confusione tra chi conosce poco questi temi e di risultare dei peracottari di fronte a qualcuno che ne sa qualcosina di più, che immagino non sia tra gli obiettivi di Eumans... :-)

 

 

 

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In risposta a di ivoforni

E se da mero “osservatore” tu diventassi uno dei nostri? Gli sforzi per diffondere lo Smart Working in Italia sono il mio pane quotidiano ed è proprio per questo che ho aperto questa discussione. Ritengo che dovremmo parlare di welfare in senso molto più ampio, di work-life balance e di benessere e non necessariamente da un punto di vista meramente sindacale. Possiamo anche partire dallo Smart Working e migliorare la legge in Italia, ma dobbiamo andare oltre.

In un’ottica europea, a mio avviso dovremmo fare proposte proprio in funzione del lavoro 4.0 e dell’abbattimento del dumping sociale.

Posso ritenerti parte di questo gruppo?

Ciao a tutti, 

io lavoro non in sede aziendale principale (casa/altra sede aziendale/altro/ variabile) alle volte e lo chiamo telelavoro (alias telelavoro "diffuso" o lavoro agile). 

Capita che ci siano situazioni diverse e temporanee (1 anno su base accesso procedura) in cui la sede prevalente sia quella diversa da quella aziendale (casa, ma meno variabile) e lo chiamo telelavoro "strutturato" (generalmente con rientro settimanale contro l'alienazione).

Il welfare aziendale è altro e complementare, ma direi che non si può parlare di tutto.  

Ciao

 

Buongiorno a tutti,

il tema dello smart working e' di indubbia rilevanza. Tuttavia, penso che il tema del lavoro si debba affrontare in una prospettiva piu' ampia.

Provo a delineare brevemente due possibili indirizzi che nascono dalla mia esperienza nel settore metalmeccanico.

 

1. diritto soggettivo alla formazione:

E' stato introdotto nel 2016 nel CCNL del settore ma, a quanto mi risulta, la sua applicazione non e' decollata, pur essendo riconosciuta l'importanza degli investimenti in capitale umano per cogliere tutti i benefici, in termini di maggiore produttivita' del lavoro, resi possibili dalle nuove tecnologie.

Non e', tuttavia, solo una preoccupazione economica che mi fa sollevare il tema. Infatti, la formazione in azienda e' un modo per proteggere il lavoratore dalle incertezze del mondo della produzione. Un lavoratore piu' preparato e' anche un lavoratore che si riesce ad adattare con maggior successo alle mutevoli condizioni.

Iniziative in questa direzione favoribbero la diffusione di una cultura della difesa DEI LAVORATORI NEL MERCATO, anziche' della difesa DEL LAVORO DAL MERCATO, visto semplicemente come forza bruta. 

 

2. previdenza complementare

E' ben noto che solo circa 1/3 dei lavoratori aderiscono a forme di previdenza complementare, rinunciando ai contributi dei datori di lavoro e, ancor piu' grave, rinunciando a questa importante forma di risparmio. Guardando al settore metalmeccanico, se il primo pilastro della previdenza, INPS, prospetta una pensione pari al 50% - 60% dell'ultimo salario, il fondo complementare di categoria, Cometa, potrebbe generare un aggiuntivo 20%, portando la pensione complessiva ad un 70% - 80% dell'ultimo salario.

Chi non aderisce alla pensione complementare, specie fra i giovani, si condanna ad una condizione di poverta' nell'eta' anziana.

Al momento l'adesione alla previdenza complementare e' su base volontaria. Perche' non renderla automatica con il diritto di uscirne, a garanzia della liberta' di scelta?

A presto,

Oreste

Ciao a tutti e grazie degli spunti che state fornendo!

Rispondo a quanto scritto da Oreste:

1. la formazione e la riqualificazione professionale sono decisamente punti “critici”, soprattutto in Italia. Tutti i principali Contratti Collettivi Nazionali prevedono la formazione ed in alcuni casi sono stati creati Fondi bilaterali (ad esempio il Fondo Banche e Assicurazioni - FBA), in cui confluiscono contributi economici che poi vengono utilizzati a fini formativi.

Raramente i Fondi Europei vengono sfruttati dalle aziende per erogare formazione ai lavoratori, fondamentalmente per l’abnorme burocrazia che regola l’erogazione di questi Fondi.

La Regione Lombardia (non conosco le realtà delle altre regioni) pare essere molto attiva sul fronte formazione, ma i risultati in termini di ricollocazione dei lavoratori sono poi deludenti.

Partire da una proposta che preveda un tot di ore di formazione obbligatoria sia per occupati che per disoccupati potrebbe essere una bella idea. Che ne dite? 

2. Anch’io ritengo che la previdenza complementare sia una garanzia soprattutto per i giovani. La possibilità di scegliere un Fondo e quella di poter migrare da un Fondo ad un altro consentono di poter gestire i propri risparmi. La possibilità di individuare le linee di investimento dei propri risparmi, fa sì che ognuno sia più consapevole di come gli stessi vengono gestiti.

Rendere automatica l’adesione al Fondo, però, non mi convince del tutto. In Italia la scelta del Fondo avviene di norma in ambito di contrattazione collettiva (nazionale o di secondo livello).

Mi spiegheresti meglio la tua idea? A che livello pensi sia meglio intervenire: europeo, nazionale, regionale, di comparto? 

Aggiungo dei link sia sul tema formazione che su quello della previdenza complementare.

FORMAZIONE:

https://ec.europa.eu/education/policies/european-policy-cooperation/et2020-framework_it

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ALL/?uri=CELEX:52009XG0528(01)

https://publications.europa.eu/fr/publication-detail/-/publication/54967d20-8cf6-11e5-b8b7-01aa75ed71a1

DUE ESEMPI DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE:

http://www.cometafondo.it/

https://www.previp.it/

 

Buon sabato a tutti! e grazie Barbara per le tue risposte.

Sulla bassa adesione alla previdenza complementare incindono diversi probemi:

1. la crisi economica degli ultimi decenni sicuramente riduce le concrete possibilita' di risparmiare; 

2. la scarsa informazione sullo stato del sistema previdenziale di primo pilastro (INPS) e sui benefici della previdenza complementare, a cui si potrebbe far fronte con opportuni interventi privati e pubblici;

3. meccanismi psicologici che spingono i potenziali aderenti a sottovalutare i bisogni futuri e a procrastinare la decisione sulla possibile adesione.

In particolare per far fronte al terzo problema, in diversi paesi sono stati introdotti meccanismi di adesione automatica con la possibilita' di cancellare l'adesione, rispettando cosi' la liberta' di scelta. 

Facendo leva su una sostanziale inerzia che grava sulla maggioranza degli individui, li si spinge gentilmente in una direzione che pur essendo nel loro interesse (una pensione del 70-80% dell'ultimo salario e' migliore di una pari al 50-60%) non prenderebbero spontaneamente, lasciando intatta la possibilita' di uscire.

Ci sono ostacoli all'adozione di un simile disegno della previdenza complementare, il principale dei quali sarebbe la perdita del TFR da parte delle aziende, una importante fonte di autofinaziamento. Per questo motivo, l'intervento dovrebbe essere accompagnato da altri interventi nel campo del credito per facilitare il finanziamento delle imprese.

Quanto al perimetro dell'iniziativa sicuramente indicherei l'Italia, non conoscendo adeguatamente la struttura dell previdenza negli altri paesi europei, e si potrebbe pensare sia a livello nazionale (piu' difficile) che a livello settoriale.

A presto

Oreste

PS: sto cercando di far avvicinare a Eumans alcune persone con grande esperienza e competenza su questi temi, di parte tanto sindacale che datoriale, i quali potrebbero dare un conributo importante.

Buongiorno, circa la previdenza complementare, limitatamente ai fondi negoziali nei rinnovi del settore edile hanno inaugurato la buona pratica dell'adesione automatica, sostanzialmente per ogni lavoratore a cui si applica il CCNL viene aperta una posizione presso il fondo pensione di riferimento con il versamento di una piccolissima quota tipo 5 euro, a carico dell'impresa. In questo modo il lavoratore si ritrova la posizione aperta e dovrebbe essere spinto a domandarsi cosa sia e informandosi si presuppone che sia incentivato ad aderirvi.

A questo link il rinnovo recentissimo del ccnl del cemento.

Marco mi/ ci scriveva circa il sussidio di disoccupazione europeo, forse in questo senso un Ice può essere ipotizzabile, anche perché so che hanno preso contatto con un movimento liberale francese. Tuttavia occorre scendere un po' nel dettaglio per capire che impostazione dare al sussidio europeo dato che nel TFUE si sancisce l'autonomia nazionale delle politiche sociale.

Questo articolo suggerisce alcune strade http://www.bollettinoadapt.it/fondo-sociale-europeo-contro-la-disoccupazione-una-proposta/

Che io sappia è un'innovazione portata avanti dalle categorie degli edili, che l'hanno inserita sia nel CCNL industria edile, che in quella del cemento. Non so di altri, di solito questo tipo di innovazione si diffondono rapidamente, anche per questo il CCNl è uno strumento ancora molto valido

Il lockdown ha portato molti a rivalutare la dimensione extra-urbana della vita. Lo smartworking ha reso oggettiva per alcuni la possibilità di scegliere il luogo in cui vivere, a prescindere dal luogo della sede aziendale. 

Si moltiplicano storie individuali e progetti collettivi di vita fuori dal Nord. 

Si diffonde la convinzione che ci sia un’ opportunità per le città di provincia, i piccoli centri e le aree rurali, al sud come al nord, di rigenerarsi in una nuova centralità.

Con Roberto Mancuso abbiamo creato il sito ScelgoilSud.it che racconta storie, idee e progetti di Smartworking e "Southliving". Online le prime video-interviste.

Siamo convinti che facendo rete tra persone, l'idea di vivere altrove, trasformando questo altrove in un nuovo "dove", possa diventare un progetto concreto.

Se volete segnalarci esperienze o persone in linea con questa filosofia, o se avete a vostra volta idee e spunti su dove/come investire in progetti di vita extra-urbana nelle aree periferiche d'Italia potete contattarci qui o direttamente sul sito. Grazie

Faccio l’avvocata del diavolo (= grandi aziende, ma anche sindacati) con cui mi sto scontrando dall’inizio del lockdown. Lo SW ha sicuramente consentito il proseguimento del lavoro per molti, evitando disastri peggiori di quelli che affronteremo a brevissimo. Per contro, le grandi aziende accusano il colpo di lavoratori impreparati a lavorare in autonomia, ma soprattutto di una realtà che non consente una reale condivisione di idee innovative. Pare che le stesse nascano e crescano alle macchinette del caffè ed in riunioni vis-à-vis. Quanto alla P.A., i disastri INPS ed Agenzia delle Entrate parlano da sé: la necessità di formazione dei lavoratori e di tutela dei contribuenti è ormai sotto gli occhi dell’Italia intera. 
Dal canto loro, i sindacati nazionali temono una radicale revisione del diritto del lavoro e soprattutto dei contratti nazionali. Lo SW infatti fa venir meno la logica della timbratura e conseguentemente quella della retribuzione oraria. Come sempre noi vediamo lungo, ma al momento pare che la visione sia eccessivamente lungimirante. Continuo ad essere convinta che il lockdown sia stata un’occasione per fare un balzo avanti sia nelle politiche europee sui diritti dei lavoratori, sia in quelle nazionali. La cosiddetta “spinta dal basso” potrebbe essere decisiva, sebbene al momento sia data priorità alle mere politiche economiche. Le stesse non possono però prescindere dal fattore umano e tantomeno, ora più che mai, da quello territoriale. Senza uno sviluppo del Sud, l’Unione Europea diventa ancor più scricchiolante e lo è già molto. Ritengo che lo SW possa diventare la soluzione a molti problemi: l’attuale mancato sviluppo del Sud, la condizione femminile e, non ultima, l’eco-sostenibilità. Sarebbe anche un modo per garantire un’equità nelle selezioni del personale e/o dei collaboratori, che potrebbero avvenire considerando quasi esclusivamente la competenza e la meritocrazia. 
Al momento, nelle multinazionali si sta ragionando in termini di SW al 50% dell’orario di lavoro annuale, che è già comunque una mini rivoluzione. 
Ben venga quindi questo progetto e tutti gli apporti che potranno esserci.