Dalla violenza domestica allo stato di diritto: partecipazione ai tempi del coronavirus

Donne street art

Consiglio della democrazia partecipativa. Qualcuno potrebbe avere pensato che siamo stati dei pazzi a mantenere fissa la data della Prima Riunione del Consiglio della Democrazia Partecipativa il 19 e 20 marzo. Nel mezzo dell'emergenza Coronavirus aveva senso parlare di strumenti della partecipazione dei cittadini? Di Conferenza sul Futuro dell'Europa? Di riforma dei Trattati dell'Unione Europea? E magari pure di Stato di Diritto. E libertà di ricerca scientifica e interoperabilità delle piattaforme digital? 

E invece il Primo Consiglio della Democrazia Partecipativa lo abbiamo fatto lo stesso. Con almeno un altro centinaio di cittadini europei.
Gli abbiamo dato un titolo diverso "How EU can survive covid-19". Quel gioco di parole tra "tu" e "EU" becca il cuore di quello che stiamo vivendo (grazie Avy e Zu!): se sopravvivono e si rafforzano le istituzioni europee (e pure quelle globali) abbiamo più possibilità di sopravvivere anche noi. Perché la risposta all'emergenza può essere più efficace. Perché il sistema sanitario può essere più forte, i medici meglio equipaggiati per fare il loro lavoro, la ricerca scientifica più "veloce" perché basata su sistemi aperti. 

Ma "efficace" deve essere anche la garanzia dei diritti fondamentali, primo su tutti il diritto alla libertà. 

Ci sono tanti modi per uscire dall'emergenza. O almeno per darci la speranza di uscirne. Ma sono convinta che per uscire da una situazione cosī complessa, mai vista, dobbiamo inventarci anche forme nuove per pensare alle soluzioni. 

Questa è la sfida della democrazia oggi. E la democrazia non è solo andare a votare. 

La democrazia è il funzionamento del Parlamento, che deve parlare e discutere e trasformare le leggi. La democrazia è la garanzia di tutti i diritti fondamentali. Anche, e soprattutto quelli dei più deboli. 

Al momento in Italia sono chiusi tutti i servizi non essenziali. Ma quali sono i servizi essenziali? E se anche si deve fare una scelta. come si arriva a fare una scelta? 

Si legge sul sito del Governo Svizzero che i centri anti-violenza per le persone maltrattate rimarranno aperti e funzionanti. La decisione è stata presa con un processo partecipativo che ha coinvolto diverse "Conferenze Federali" della società civile. 

Con un processo di elaborazione legislativa che avesse al centro questi elementi di empatia e di informazione si è arrivati a considerare questo un servizio essenziale. 

Procedendo esclusivamente per Decreti, senza Parlamento che parla e senza cittadini che partecipano il rischio è che mano a mano che si rendono necessarie le misure di gestione dell'emergenza, diminuisca anche la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. E qui se salta la fiducia salta tutto.

È solo un esempio. Le decisioni da prendere saranno decine e decine, centinaia e migliaia, se le pensiamo in tutti gli stati membri dell'Unione Europea. E l'impatto riguarderà ogni singolo cittadino dell'Unione Europea. Lo dico in maniera più chiara: ognuno di noi. Tu, io, tu, io. Noi. Cosa succederebbe se ci fossero delle grandi assemblee dei cittadini estratti a sorte (online, of course) che aiutano a prendere le decisioni che ci sono da prendere? 

Dal Consiglio della Democrazia Partecipativa siamo usciti con una proposta per il Parlamento Europeo: per un sistema di gestione dell'emergenza, e dei diritti.

Con gli strumenti della democrazia partecipativa possiamo chiedere che i Parlamenti si riuniscano, e magari inizino a fareanalisi su quello che deve essere gestito oltre alla salute, usando tutte le evidenze scientifiche, anche quelle delle scienze sociali. Il welfare, il diritto allo studio, il diritto alla salute di tutti i malati, l'uso che potrà essere fatto dei dati che stiamo riversando sulle piattaforme digitali mentre viviamo chiusi in casa ma anche l'economia e la sostenibilità economica. 

Ha ancora più senso adesso che mai continuare a provare a usare gli strumenti della nostra partecipazione. Anche per suggerire al Parlamento Europeo come si potrebbe gestire l'emergenza, non solo sanitaria, che stiamo vivendo. 

Dobbiamo farlo adesso, nel presente. Non solo perché non possiamo più aspettare, ma perché mai come ora stiamo avendo quotidiane conferme che siamo solo noi i co-responsabili della nostra stessa esistenza in questo momento. 

Ne parliamo martedi 24 marzo dalle 20.30 durante la riunione settimanale di Eumans in italiano (e giovedi alle 18 con gli altri compagni di strada europei). Trovi qui la mail che abbiamo inviato oggi. 

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A proposito di violenza domestica, segnalo che in questi giorni l’Associazione Luca Coscioni con l’associazione D.I.Re (Donne in rete contro la violenza) hanno lanciato un servizio gratuito a disposizione di tutte le donne vittime di violenza domestica utilizzando CITBOT, la chatbot di intelligenza artificiale per le libertà civili ideata dall'Associazione Luca Coscioni. 

L’idea è di rispondere a tutte le domande che possono riguardare la violenza domestica e gli abusi: la rete di supporto, le azioni per riconoscere la violenza, come denunciare, come proteggersi. In questi giorni di isolamento forzato questo diventa ancora più urgente e importante. 

Il chatbot è una “finestrella” di chat che può apparire su qualunque sito e a cui si possono fare domande. 
Lo trovi online qui: https://citbot.it in fase di prova. Come vedrai contiene molti temi, a partire proprio dal Coronavirus e la gestione dello stress da Coronavirus, le cure palliative, l'aborto. E appunto la violenza domestica. 

La chat sulla violenza domestica è ancora in fase di addestramento. Per adesso CitBot deve fare dei progressi, per questo potrebbe darvi molte risposte inesatte o parziali. Per farlo migliorare abbiamo bisogno di tante domande nella chat per rivederle con D.I.Re e le altre volontarie e volontari e inviarle per un allenamento dell'intelligenza artificiale.