Infrastrutture digitali e prezzo delle informazioni

Infrastrutture digitali e informazioni, Trovato

La rivoluzione digitale, semplificando, si può ridurre alla disponibilità delle infrastrutture digitali (cavi, computer, satelliti che ci permettono di comunicare e consultare dati sul www, ma che poi in qualche computer pure devono risiedere) e alla disponibilità dei dati (che noi mettiamo allegramente a disposizione, consapevolmente o inconsapevolmente).

Ora vorrei fare qualche considerazione:

  1. Le infrastrutture digitali (cavi, computer, satelliti) rappresentano le autostrade della nuova rivoluzione industriale. Mi risulta che l’Europa non ne abbia il controllo, e che sia tutto in mano a poche aziende americane o cinesi. Se l’Europa vuole avere controllo del proprio futuro, deve investire in delle infrastrutture digitali proprie. Ciò dovrebbe essere, a mio avviso, una priorità del prossimo parlamento europeo. 

  2. Informazione e moneta sono la stessa cosa. Informazione è valore. Visto che, in alcuni casi, i service provider generano molti profitti utilizzando le informazioni che gli diamo noi, mi sembra che tali service provider ci stanno tutti allegramente fregando, sottopagando le informazioni che forniamo loro adulandoci con il senso di gratifica che proviamo quando qualcuno ci mette un like. Magari la soluzione è politica, come dice Andrea, ma magari potrebbe venire anche dal mercato: e se nascesse un FB che distribuisse dividendi ai propri utenti (che sono poi i suoi fornitori), oltre che ai suoi shareholders? (ecco la business idea!) E’ ovvio che il problema dati non è solo FB, ma il concetto del valore dei dati si estende anche ad altre applicazioni.

  3. Trovo molto interessante il concetto di zero knowledge. Il fatto che i dati in internet siano registrati in chiaro è frutto di un limite informatico, non di una scelta politica o giuridica. Con lo sviluppo delle tecniche crittografiche, abbiamo l’opportunità di poter separare la fornitura di servizi digitali dalla necessità di rilasciare informazioni. Ritengo che l’economia digitale debba andare in questa direzione, per portare più trasparenza al consumatore sul valore del servizio e il valore dei dati, e permettere la fruizione dei due in maniera distinta.

Fin quando non si svilupperà un libero mercato che possa determinare il prezzo delle informazioni ai propri fornitori (gli utenti), sarà difficile che qualcosa possa cambiare. Per questo, è plausibile che gli organi preposti a permettere la giusta competizione possano avere un ruolo importante.

Infine, però, senza dover aspettare un cambio strutturale del modo in cui le informazioni sono prezzate, pur dovrebbe essere possibile perseguire azioni criminali. Non sono un legale, ma mi stupirei se la manipolazione delle intenzioni di voto per disinformazione intenzionale non fosse un crimine. Perché non è possibile processare Zuckerberg, insieme a coloro che hanno pagato tali campagne (Steve Bannon and the like), e eventualmente metterli in galera per ciò che hanno fatto?

NOTA
Questo articolo di Manlio Trovato risponde alle considerazioni di Andrea Andreoli sui monopoli digitali.